Non chiamateli CAPRICCI.

Febbraio 2023

Esistono i capricci? Che cosa sono? Perché il mio bambino mi mette in difficoltà? Perché fa così? Perché a scuola mi dicono che è un angelo, e perché quando arrivo io comincia ad urlare? Come faccio a farlo smettere?

Quante volte ti sei posto queste domande non trovando una risposta? E quante altre ne avresti da aggiungere a questo elenco? 

Se anche tu ti senti abbattuto, se le hai provate tutte ma non hai risolto nulla, o forse in quel momento sembrava andare bene ma poi il giorno dopo sei punto a capo, allora sei nel posto giusto. 

Proviamo a trovare delle risposte che ci soddisfino non solo adesso, ma anche in futuro. 

Cominciamo dall’inizio, che cosa sono i capricci? 

I capricci non sono altro che degli stati emotivi del bambino particolarmente intensi, che soprattutto durane i “terrible two”, sono indicatori di nuovi apprendimenti e di nuove competenze che vengono acquisite grazie all’età, ma che ancora non sanno come funzionano, come utilizzali nel mondo corretto.

Immaginate di dover montare un nuovo mobile senza le istruzioni, come vi sentireste? Io dopo aver provato uno, due, tre volte al massimo lancerei tutto per aria e girerei per casa arrabbiandomi anche con chi non c’entra proprio nulla. 

È particolarmente calzante questo esempio, li chiamiamo capricci per comodità, sia di linguaggio, sia per non occuparci di tutto ciò, di oscurarlo, di nasconderlo, perché anche per gli adulti, se non sanno come fare, sostenere i bambini non è affatto facile. 

Ciò non toglie che sopratutto i bambini più grandi sanno mettere in atto delle strategie particolarmente meschine nei confronti dei genitori per ottenere quello che desiderano. Provate a ragionare, un bambino che vuole un gioco nuovo e dopo averlo chiesto non ottiene l’oggetto del desiderio, comincia ad urlare e mettervi in imbarazzo finché cedete, non è la stessa dinamica che molti genitori mettono in atto quando chiedono ai bambini di “fare i bravi” in cambio di un pacchetto di figurine, una macchinina o una bambolina nuova? Sembrano delle buone strategie, innocue vero? E invece, creano delle dinamiche che possono poi ritorcersi contro di voi. 

Ma nulla è perduto! Capiamo che cosa serve per riconoscere una crisi emotiva, prevenirla e se non riusciamo a gestirla. Sarà necessario rimboccarsi le maniche. 

TEMPO

Una crisi emotiva scoppia sempre quando si ha fretta, quando bisogna mettere la giacca per uscire da casa, quando si è a far la spesa di corsa perché non si ha nulla in frigorifero per la cena, quando la mamma deve concentrarsi su qualcosa che non sia il proprio bambino. Molte di queste situazioni sono inevitabili, è così e non è possibile fare altrimenti. 

Per quanto crediamo fortemente nel bambino al centro, ovvero cercare il più possibile di tenere i suoi bisogno al centro della nostra giornata, è anche necessario che faccia esperienza dell’attesa. Che come ogni altra competenza va allenata, prima del momento della crisi. Chiedete al vostro bambino di giocare in autonomia, di prepararsi da solo, di mangiare da solo, la mamma sarà accanto a lui, lo guarderà, lo accompagnerà con la voce. Sappiamo bene che i bambini, soprattutto quelli più piccoli non sono mai davvero da soli, ma sono sempre sotto lo sguardo dell’adulto. Scandiamo i tempi con un timer, con una clessidra, con un gioco. Il bambino in questo modo ha tempo di elaborare quello che avverrà dopo e sarà pronto a cambiare setting, senza il litigio per venire via dal parco o per andare dai nonni.

OSSERVARE E COMPRENDERE

Capita spesso di essere completamente assorbiti dalla routine e dalle lunghe liste di cose da fare da non renderci davvero conto di quello che ci sta intorno, non facciamocene una colpa, succede a tutti, molto più spesso di quello che si creda! E quella “scenata” del bambino, la si risolve cedendo al ricatto o mettendo in atto qualche minaccia. Per andare alla radice del problema serve osservare la situazione in cui questa crisi emotiva avviene, magari è sempre lo stesso momento della giornata? Allora dobbiamo rivedere la routine, arriva particolarmente stanco, o affamato, o cercare di rendere un momento noioso ma necessario, più divertente. E se invece non fosse un momento sistematico, sempre lo stesso giorno, sempre la stessa ora, o sempre per lo stesso motivo? Vi siete mai chiesti come sia andata la giornata del vostro bambino? Magari a scuola o al nido vi hanno detto che ha fatto un po’ fatica a stare con gli altri, che aveva voglia di stare vicino all’educatrice, che ha richiesto dei momenti solitari, oppure che non ha mangiato di gusto come gli altri giorni. Come per gli adulti, ci sono le giornate storte, quelle in cui ci dobbiamo obbligare ad alzarci dal letto al mattino o che vorremmo stare tutto il giorno in tuta. Quei giorni in cui avevamo previsto di passare al supermercato a fine turno, ma rimandiamo tutto e per cena scongeliamo qualcosa dal freezer. L’adulto tutto questo lo impara a gestire nel tempo, trova le sue strategie per ovviare a certi malumori. Il bambino non può, non sa esprimerlo, e tante volte non può neanche decidere se andare o meno a ritirare i vestiti in lavanderia, o passare dal fruttivendolo. Per questo oltre all’osservare i segnali che il vostro bambino vi manda, vanno compresi, e dove si può, cercare di non portarvelo dietro in tutte le commissioni che avete in agenda.

ASCOLTARE E ACCOGLIERE

Pensate a quella volta che avete chiamato una vostra amica, o il vostro compagno perché il capo vi ha aggiunto una pila di documenti da visionare, oppure a quella volta che avete trovato un incidente per strada e avete dovuto annullare un appuntamento, o ancora quella volta che aspettavate una telefonata importante e invece continua a squillare il cellulare e sono le compagnie telefoniche con le loro super offerte… Ed è qui che arriva quella necessità di sfogare, di urlare, di piangere, di andare a correre… Le parole di conforto di una persona che ci vuole bene, l’abbraccio di chi amiamo, un piccolo gesto come una cena speciale, o un piccolo regalo di chi dice: “ho proprio pensato a te!”, son tutte accortezze che ci fanno stare decisamente meglio. Ed è la stessa cosa per un bambino, la frase: “lascialo lì che poi gli passa”, oppure, "io me ne vado se fai queste scene”, non aiutano di certo se le emozioni che provano stanno esplodendo dentro in modo confuso e convulso. 

Proprio in questo momento, quando non è bastato cercare di prevenire, l’adulto si mette in ascolto, è presente, è vicino ed è pronto ad accogliere le emozioni e le reazioni che si possono scatenare.

LASCIARE CHE SPERIMENTINO IN SICUREZZA

Per conoscere le emozioni e le conseguenti reazioni è giusto ed importante che i bambini sperimentino tutto questo. Pensare di avere un “bravo bambino” accondiscendente a tutte le richieste del genitore non è detto che sia un bene, anzi, rischiamo di avere l’effetto contrario, un bambino che ignora le sue emozioni, che le sposta al di fuori, che non le esperisce si troverà poi da più grande a faticare nel riconoscerle, nel gestirle. La differenza starà nelle relazioni che avrà tessuto con i pari, l’adulto sarà meno presente poiché il bambino sarà più autonomo e non avrà sempre la possibilità di sostenerlo e di accogliere le reazioni. 

Lasciare che sperimentino in sicurezza vuol dire anche ascoltare un bambino che grida di non voler essere toccato, e che se l’adulto si avvicina anziché diminuire la reazione aumenta di intensità. Cosa deve fare l’adulto? Controllare la sicurezza del luogo in cui si trovano. Ad esempio dentro al supermercato no, per strada no, ma al parco se recintato sì. O ancora, in cucina con i fornelli accesi no, ma sul letto o in uno spazio fatto di cuscini e peluche sì. Dentro al lettino sì, sul pavimento sì. Vicino alla libreria o al mobiletto del bagno no. Dopo aver controllato che sia al sicuro, ci si siede lì vicino, senza necessariamente toccarlo, provare ad abbracciarlo o convincerlo a smettere di urlare con ricatti o minacce. 

Semplicemente dicendo: io sono qui per te, stai provando delle emozioni, sei arrabbiato perché… sei triste perché… Quando sei pronto posso abbracciarti. Vuoi provare a raccontarmi che cosa senti dentro? 

E tu, mamma o papà, se sei riuscito a gestire tutto questo senza che le tue emozioni avessero il sopravvento, vuol dire che hai fatto un buon lavoro!